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Cosa non dire ad un colloquio di lavoro

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Affrontare un colloquio di lavoro non è ovviamente cosa facile. Per questo spesso si cerca di impressionare, stupire, cercando risposte d’effetto ed originali. Alcune lo sono altre invece, anche se lo sembrano, lo sono molto di meno. Cerchiamo di capire quali sono e perché molti tendano a darle, non rendendosi conto di  fare un gioco inutile se non controproducente.


Ho una grande passione per quello che fate

“Davvero? Anche se vendiamo noccioline?” La battuta è magari anch’essa poco originale ma ci sta tutta. Difficilmente ci si appassiona alla produzione di noccioline, per quanto sia attività degnissima, come tutte del resto. Se si ha bisogno di un lavoro, come è ovvio che sia, pregare il recruiter per essere assunti non è certo cosa da farsi, ma anche cercare di convincerlo di avere una grande passione per un’attività che non necessita, ma più ancora non prevede un “requisito” particolare come la passione, è assolutamente fuori luogo. Il selezionatore capirà la “millanteria” e potrebbe sentirsi preso in giro. Meglio essere meno “appassionati” e più concreti.

Lo sa? Mi sono sempre immaginato in questo ruolo

Questa risposta, che spesso sembra la migliore, ha almeno due problemi: il primo assomiglia molto a quello della prima di risposta, ricordiamoci del discorso sulla “passione” per produrre noccioline. Il caso ha voluto che il lavoro proposto fosse proprio quello che si sperava di avere da tanto tempo? Un po’ improbabile, no?. Il secondo è che potrebbe suonare un po’ come: “ok, voglio lavorare per voi, ma solo se mi mettete in questo ruolo, non voglio assolutamente confrontarmi con altri incarichi”. Un’azienda potrebbe avere l’esigenza di spostare ad altre mansioni alcuni dei propri dipendenti per questioni meramente organizzative. Un selezionatore potrebbe optare per candidati in grado di comunicare una maggiore adattabilità.

Il mio peggior difetto è che lavoro troppo: il ragionamento che sta dietro a una simile risposta è quello di dimostrare tanta voglia di lavorare

Cercando di captare (a volte ancor prima che venga fatta specifica domanda) i “desideri” del selezionatore. Una risposta così è davvero poco originale, inoltre si può porre un problema di fiducia. Difficilmente ad un colloquio di lavoro verrà data da un qualsiasi candidato una risposta come “sì beh, un po’ m’impegno, ma certo non mi voglio ammazzare di lavoro”. Questo per dire che, se si è buoni lavoratori è assolutamente giusto metterlo in luce, ma A) con esempi concreti e non solo a parole B) senza esagerare C) non ribaltando la prospettiva: avere voglia di lavorare è un’ottima cosa, non un difetto. Dire “Sì lavoro tanto ma un po’ mi dispiace, perché non riesco a smettere”, solo per tirarsela, è controproducente al massimo. Chi conduce il colloquio di lavoro non è praticamente mai un novellino e soprattutto non è stupido.

Ehi, ma questo è il lavoro dei miei sogni!

Benissimo! Peccato che a chi sta offrendo il posto, il fatto che sia il lavoro dei sogni del candidato interessi ben poco. Sarà infatti più che altro interessato al fatto che che chi lo andrà a ricoprire, quel posto, sia possibilmente”il dipendente dei sogni”. E’  meglio quindi spiegare ad un selezionatore o all’imprenditore non tanto quanto piaccia quel lavoro, ma quanto e come ci si impegnerà per svolgerlo al meglio. Non bisogna concentrarsi solo su se stessi quando si sta parlando con qualcun altro.

So tutto di voi

A parte risultare un po’ presuntuosi, una simile risposta è anche, per così dire, “falsa”. E’ ovvio che non si possa sapere tutto, ma oltre a questo, il più delle volte le informazioni prese prima di un colloquio (sarebbe ottima cosa farlo sempre), si limitano a quanto scritto nel sito e, al più, a qualche altra “voce” di internet. Articoli sulla realtà aziendale, recensioni dei prodotti quando ce ne sono, opinioni di persone che ci hanno lavorato precedentemente. Non è ovviamente detto che lo sia, ma ognuna di queste fonti può risultare fuorviante per svariate ragioni e quindi controproducente in sede di colloquio. Un ottimo modo di prendere info affidabili è il colloquio informativo, ma il “so tutto di voi” è comunque meglio evitarlo.

Originali a volte possono sembrarlo, ma nella realtà dei fatti non è per niente così. La nostra analisi parte da informazioni provenienti dallo YEC, una rete internazionale di giovani imprenditori a cui il sito The Muse ha chiesto conto delle risposte meno originali fornite dai candidati in sede di colloquio di lavoro. Quel che ne è venuto fuori è una serie di affermazioni che spesso risultano essere esagerate o indimostrabili. Ecco la seconda parte della nostra analisi.

Sono un problem solver: se avete un problema che nessuno può risolvere

E’ vero che un candidato che risponde in questo modo a una domanda che potrebbe essere “qual è la sua migliore qualità”,  non è per niente detto che stia millantando qualcosa che non ha; magari infatti, è davvero un grande problem solver, ma comunicarlo così è, ad andar bene, completamente inutile. Per far passare un concetto del genere è necessario portare esempi concreti ed efficaci. Quali e quanti problemi sono stati risolti? In quale modo? Qual era il contesto? Che capacità e competenze sono state utilizzate? Altrimenti è come dire che qualsiasi problema si è comunque in grado di risolverlo a prescindere. Ma questo è impossibile, e quindi è anche falso. Dire una cosa palesemente falsa in fase di colloquio è il modo migliore per non ottenere il posto di lavoro.

Sono un grande lavoratore

Anche in questo caso, è necessario spiegare il modo in cui si è “grandi lavoratori”. Nessuno, come già accennato nella prima parte della nostra analisi, “confesserà” mai di avere poca voglia di lavorare in un colloquio di lavoro. Di conseguenza dire che si è grandi lavoratori è poco originale ed inutile. Perché, sostanzialmente, lo dicono tutti. Il concetto fondamentale è quello di spiegare concretamente il perché si stia dando una determinata risposta. In questo caso è possibile chiarire se si è disposti a lavorare fuori orario, o a fare straordinari , o turni notturni e/o festivi. Se si è disposti a viaggiare e magari a star fuori di notte, quali ritmi di lavoro si sia in grado di sostenere e per quanto. E così via…

Ho lasciato il lavoro di prima perché ero infelice

Dopo una risposta così, il primo pensiero del selezionatore è probabilmente questo: “qui appena qualcosa va male questo si deprime e buonanotte”. E non si può dargli torto. E’ vero che le situazioni non sono quasi mai replicabili, ed è altrettanto vero che le ragioni dell’infelicità possono esserci da una parte e non dall’altra, perché spesso sono ragioni soggettive. Ma chi deve assumere non può certo sapere quali sono e deve ragionare forzatamente per concetti. Lasciare un lavoro perché si è infelici è una scelta legittima, ma anche oggettivamente discutibile. Se lo si è fatto è meglio evitare di dirlo.

 

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